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Federazione europea subito

Immagine del redattore: giuseppe melisgiuseppe melis


Premessa

L'Unione Europea (UE) rappresenta uno dei più grandi successi della storia contemporanea, un modello di integrazione economica e politica che ha garantito stabilità e prosperità a un continente segnato da secoli di conflitti. Dalla nascita della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) nel 1951 fino all'introduzione della moneta unica, il processo di unificazione ha prodotto risultati straordinari, sia in termini di crescita economica che di pacificazione tra Stati un tempo nemici. Tuttavia, l'attuale assetto istituzionale dell'UE presenta evidenti limiti, soprattutto in settori chiave come la politica estera, la difesa e la governance economica ma pure sul piano interno nel riconoscimento, tutela e valorizzazione delle specificità culturali e linguistiche, soprattutto a causa degli Stati ottocenteschi come l’Italia. Per affrontare le sfide globali, è necessario un salto di qualità: la creazione di un autentico nucleo federale europeo.


1.    I Successi dell'integrazione europea

L'UE di oggi è il risultato di un processo di unificazione che ha trasformato un continente diviso e lacerato dalla Seconda Guerra Mondiale in una comunità fondata sulla cooperazione e sul diritto. L'integrazione economica ha favorito la crescita e la stabilità, con il mercato unico che ha abbattuto le barriere commerciali e la moneta unica che ha rafforzato l'economia continentale. Ma il merito più grande dell'UE è stato quello di rendere la guerra tra i suoi membri impensabile, sostituendo la competizione distruttiva con il dialogo e la diplomazia.


Se si guarda agli scambi commerciali si può notare che nel 2022, il commercio intra-UE ha rappresentato circa il 60% del totale degli scambi dei Paesi membri, dimostrando il forte grado di interdipendenza economica raggiunto grazie al mercato unico. Gli Stati Uniti restano il principale partner commerciale esterno (20% delle esportazioni UE), seguiti dal Regno Unito (13%) e dalla Cina (9%). Questi dati evidenziano la centralità dell'UE nel commercio globale, con una rete di scambi che contribuisce significativamente alla crescita economica degli Stati membri.​


In termini di stabilità monetaria, l'introduzione dell'euro ha eliminato i rischi e i costi di cambio tra i Paesi membri, facilitando il commercio e gli investimenti interni. La Banca Centrale Europea (BCE) ha come obiettivo principale il mantenimento della stabilità dei prezzi, definita come un tasso di inflazione del 2% nel medio periodo. Questa politica ha contribuito a mantenere l'inflazione sotto controllo, garantendo il potere d'acquisto dei cittadini europei e offrendo una moneta forte e stabile rispetto ad altre valute globali.​


2. I Limiti dell'Unione Europea

Nonostante questi successi, l'attuale configurazione dell'UE mostra profonde debolezze. Il processo decisionale è spesso lento e inefficace a causa della necessità di consenso tra 27 Stati membri con interessi divergenti. L'assenza di una politica estera e di difesa comune impedisce all'Unione di agire come un attore globale unitario, lasciandola in una posizione subordinata rispetto a potenze come Stati Uniti e Cina e con i singoli stati a fare i “galletti” per ritagliarsi un inutile spazio di visibilità (si veda ora la Meloni in Italia). Sul piano economico, la mancanza di un'unione fiscale limita l'efficacia della moneta unica, con squilibri tra Paesi più e meno competitivi che rimangono irrisolti.


A queste criticità strutturali si aggiunge un problema più profondo: l'obsolescenza di molti Stati nazionali. Già Luigi Einaudi denunciava come alcuni Stati europei fossero "polvere senza sostanza", entità nate in epoche storiche passate che oggi faticano a rispondere alle esigenze di una società globalizzata e interconnessa. Il sistema attuale, basato su una molteplicità di Stati con competenze sovrapposte, si dimostra spesso inefficiente e incapace di affrontare le sfide del XXI secolo.


Inoltre, la stessa configurazione dell'UE rappresenta un ostacolo per molte nazionalità senza Stato – come catalani, baschi, scozzesi, corsi o fiamminghi – che vedono nelle strutture statali e nell’Unione Europea un limite alla propria affermazione culturale e linguistica. L’Europa attuale, anziché valorizzare la diversità delle sue componenti, spesso perpetua la rigidità degli Stati nazionali, ostacolando un’autentica espressione del pluralismo culturale. Un'Europa federale potrebbe invece offrire maggiore autonomia e riconoscimento a queste realtà, superando la logica degli Stati ottocenteschi e costruendo una comunità più inclusiva e rappresentativa.


Qualcuno osserva che questa UE non è mai stata legittimata dal popolo. È vero ma occorre considerare che quando è nata sono stati i rappresentati dei popoli a volerla e quindi la legittimazione esiste e allora erano tanti i cittadini favorevoli a essa, proprio per le prospettive che apriva a un mondo in cambiamento e a una Europa uscita con le ossa rotte dalla seconda guerra mondiale.


Certo, oggi le cose sono diverse ma è anche vero che i cittadini non sanno nulla della UE e spesso hanno solo informazioni parziali mediate da governanti nazionali che hanno fatto di tutto e fanno di tutto per far apparire la UE come matrigna e dispensatrice solo di vincoli e condizionamenti negativi, senza considerare le grandi opportunità che essa ha generato e continua a generare.


Sarebbe folle oggi sottoporre a referendum l’UE visti personaggi come Orban, Salvini, Meloni, Fico, gente che è salita al governo col precipuo per distruggere e non per costruire. Si pensi a Salvini e ai suoi seguaci che ancora oggi preferiscono intrattenere rapporti bilaterali con gli USA (con i quali abbiamo interessi divergenti) rispetto agli altri partner europei con cui sono tante le cose che ci uniscono, pur nella diversità di lingue e culture.


3. L’obiettivo di una vera Federazione Europea: le proposte del Rapporto Draghi

La parola federazione deriva dal latino foedus, foederis, che significa "patto", "accordo", "alleanza". Questa etimologia ne evidenzia il significato profondo: la federazione non è un’imposizione dall’alto, ma un sistema basato su un legame volontario tra entità che scelgono di unirsi senza perdere la propria identità.


A differenza di uno Stato unitario (come quello italiano), che centralizza il potere, o di una confederazione, che lascia troppa autonomia alle parti, la federazione è una struttura sistemica in cui il tutto esiste grazie all’armonia delle parti, e le parti trovano senso e forza nell’appartenenza al tutto. Essa si fonda su una distribuzione delle competenze che permette la coesistenza di una governance comune e di autonomie locali, mantenendo l’equilibrio tra unità e diversità.


In questo senso, una Federazione Europea non dovrebbe essere vista come una minaccia per le identità nazionali e culturali, ma come un quadro istituzionale in cui queste possano prosperare all’interno di una struttura più ampia, capace di affrontare le grandi sfide globali senza soffocare le specificità locali. La federazione è, dunque, un modello politico che riconosce la pluralità senza disperderla, e che dà forma a un’unione senza annichilire la libertà delle sue componenti.


Ora, fatta questa necessaria premessa, al fine di restituire al contesto dell’UE una capacità di agire sul piano mondiale, è utile rifarsi al Rapporto Draghi, presentato nel settembre 2024, il quale offre una visione strategica, delineando una serie di proposte che potrebbero fungere da catalizzatore per una maggiore integrazione federale dell'UE. Le principali raccomandazioni includono:


  • Investimenti Massicci: Il rapporto sottolinea la necessità di aumentare gli investimenti pubblici e privati di circa 800 miliardi di euro all'anno, pari al 4-5% del PIL dell'UE, per colmare il divario con Stati Uniti e Cina in settori chiave come l'innovazione tecnologica e la transizione verde. ​

  • Unione dei Mercati dei Capitali: Si propone di centralizzare la supervisione dei mercati finanziari per facilitare l'accesso ai capitali da parte delle imprese europee, promuovendo così l'innovazione e la competitività. ​

  • Politica Industriale Coordinata: Il rapporto enfatizza l'importanza di una politica industriale comune che favorisca la cooperazione tra Stati membri in settori strategici, riducendo la dipendenza da fornitori esterni e rafforzando l'autonomia strategica dell'UE. ​

  • Riforma delle Regole di Concorrenza: Si suggerisce una revisione delle normative antitrust per permettere la creazione di campioni europei in grado di competere a livello globale, adattando le regole alle nuove dinamiche del mercato internazionale. ​

  • Finanziamento Comune: Il rapporto propone l'emissione di debito comune europeo per finanziare progetti infrastrutturali


Per concludere, l’attuale UE non va bene ma per fortuna esiste. L’attuale UE non va demolita ma va aggiustata ripartendo dai valori che l’hanno fatta nascere e da un coraggio che finora non c’è mai stato. Anche per effetto delle diverse condizioni storiche nelle quali ci si trovava alla fine della Seconda guerra mondiale.


Oggi, con un quadro mondiale compromesso dall’ascesa al governo di personaggi avventurieri, senza valori, guidati solo da bieco egoismo è opportuno che si operi per costituire un ordine mondiale più plurale e non più caratterizzato dal dominio incontrastato degli USA.  Così come occorre pensare che la Cina farà i suoi interessi e così altri ancora.

Se l’UE vuole recuperare credibilità deve avere una propria identità e operare perché il mondo evolva verso obiettivi di maggiore equità, crescita comune sul piano economico e sociale. Le risorse ci sono, a partire da quelle morali, nonostante Meloni, Salvini, Fico, Di Battista, Conte e tanti altri quaquaraquà che oggi impestano la scena politica italiana ed europea.

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