Introduzione
Nel contesto socio-economico attuale, l'Italia si trova ad affrontare sfide significative nel campo dell'istruzione e della formazione dei giovani. Una delle questioni più pressanti è la preparazione adeguata delle nuove generazioni, spesso lasciate a sé stesse a causa di una formazione familiare inadeguata, legata soprattutto alle generazioni Boomer e X. In risposta a questo scenario, il modello di scuola a tempo pieno emerge come una soluzione promettente, capace di integrare l'istruzione formale con attività didattiche innovative e ludiche, proponendosi come investimento a medio e lungo termine per il futuro del Paese.
Il disallineamento generazionale e le sue conseguenze
Le famiglie italiane, influenzate in larga parte dalle generazioni più anziane, spesso non riescono a fornire un supporto adeguato ai bisogni formativi dei giovani di oggi. Questa discrepanza genera un gap che si riflette nei risultati scolastici e nelle competenze acquisite dagli studenti. Un esempio pertinente è discusso da Domenico De Masi nel suo libro su come il lavoro e la società sono cambiati nel XXI secolo[1] in cui si sottolina come l'evoluzione socio-culturale abbia modificato profondamente le dinamiche familiari, portando a una delega quasi totale della formazione dei giovani alle istituzioni scolastiche.
La scuola a tempo pieno come risposta alle mancanze delle famiglie
L'adozione di un sistema scolastico a tempo pieno si propone come risposta a questa problematica. Questo modello non solo aumenta le ore di lezione, ma integra l'offerta formativa con attività extracurriculari che stimolano lo sviluppo personale e sociale degli studenti[2].
Attività integrative e cooperazione didattica
Un punto fondamentale nella riformulazione del sistema scolastico a tempo pieno riguarda le modalità con cui vengono impartite le attività integrative. Queste non dovrebbero limitarsi alla semplice estensione oraria delle materie tradizionali, ma dovrebbero evolvere secondo una logica cooperativa tra docenti, che supera l'approccio didattico frontale e monodisciplinare a favore di un impegno condiviso e interdisciplinare.
La cooperazione tra insegnanti di diverse discipline può creare un ambiente di apprendimento più stimolante e coinvolgente, dove la conoscenza viene costruita attraverso il dialogo continuo non solo tra studente e insegnante ma anche tra gli insegnanti stessi. Questo approccio richiede una pianificazione didattica che faciliti l'integrazione di diversi campi del sapere, incoraggiando i docenti a lavorare insieme per sviluppare lezioni che collegano, per esempio, la matematica con la storia, la scienza con l'arte, e così via, rendendo l'apprendimento un processo più dinamico e meno compartimentato.
Elizabeth Cohen e Rachel Lotan[3] sottolineano l'importanza di strategie di gruppo ben progettate per promuovere un'interazione equa e efficace tra gli studenti, che può essere estesa anche all'interazione tra docenti. Promuovono l'uso di compiti cooperativi che richiedono l'impegno collettivo e la condivisione di risorse e competenze, che sono essenziali per un ambiente di apprendimento integrativo e cooperativo.
Un altro aspetto rivoluzionario di questo approccio è il potenziale di invertire il tradizionale flusso di conoscenza, facendo sì che siano i giovani a "educare" i propri genitori. Questo si basa sul principio che, attraverso progetti scolastici che richiedono la partecipazione attiva dei familiari, i giovani possano trasferire a casa le conoscenze acquisite a scuola, elevando il livello culturale e informativo dell'intero nucleo familiare. In questo modo, l'educazione diventa un processo circolare e inclusivo, che non si limita alle aule scolastiche ma si estende alla comunità più ampia, con i giovani che agiscono come catalizzatori di cambiamento culturale e sociale.
Questo modello didattico rafforza l'importanza dell'istruzione come strumento di empowerment individuale e collettivo, dove l'investimento nell'educazione dei giovani può avere effetti risonanti su tutta la società, contribuendo a superare le barriere generazionali e a promuovere una maggiore coesione sociale. Questo tipo di educazione, profondamente interattiva e cooperativa, prepara i giovani non solo a essere cittadini più informati e competenti, ma anche a essere leader capaci di guidare il cambiamento nelle loro comunità e oltre.
Investimento a medio e lungo termine
La strategia del tempo pieno deve essere vista come un investimento strategico non solo per il singolo individuo ma per l'intera società. Secondo il rapporto OCSE (2019), i paesi che hanno investito in sistemi educativi più inclusivi e accessibili hanno registrato miglioramenti significativi nelle competenze dei giovani e nella loro capacità di adattarsi alle richieste del mercato del lavoro. Investire in educazione significa quindi ridurre la dipendenza da risorse esterne, valorizzando il capitale umano interno.
Coinvolgimento degli insegnanti e opportunità di lavoro
Il calo demografico in Italia comporta rischi di sovraccapacità nel settore dell'insegnamento. La scuola a tempo pieno potrebbe rappresentare una soluzione a questo problema, creando nuove opportunità lavorative per gli insegnanti e integrando nel sistema educativo professionisti di settori affini che attualmente non trovano impiego. Un approccio multidisciplinare e collaborativo nell'insegnamento potrebbe migliorare l'offerta formativa e allo stesso tempo assicurare una maggiore stabilità occupazionale per gli insegnanti. A tale proposito possono trovare applicazione gli studi manageriali sulla service dominant logic e sulla co-creazione di valore poiché pongono l’accento rispettivamente sul ruolo di servizio svolto dai docenti a beneficio degli studenti e della società ma pure all’importanza di collaborare attraverso capacità di dialogo, condivisione delle risorse, assunzione della responsabilità e trasparenza come pilastri di un sistema di relazioni generativo di comportamenti volti al miglioramento continuo di tutti gli attori.
Conclusioni
In conclusione, il modello di scuola a tempo pieno rappresenta una strategia innovativa e necessaria per affrontare lo svantaggio competitivo dei giovani italiani. Attraverso un investimento sostenuto e strategico nell'istruzione, è possibile non solo migliorare la qualità dell'apprendimento ma anche stimolare la crescita economica e sociale del Paese. È fondamentale che questa visione sia accompagnata da politiche pubbliche coerenti e da un impegno concreto a tutti i livelli governativi e sociali per garantire che l'educazione italiana possa realmente evolvere verso un futuro più promettente. Se questo vale per l’Italia nel suo insieme, vale ancor di più per territori come la Sardegna in cui tre indicatori sono determinanti nella comprensione del ritardo di sviluppo di questa martoriata Nazione sarda: alto tasso di abbandono scolastico, basso tasso di diplomati, basso tasso di laureati. Se non si mette mano alle politiche che possono concretamente modificarli non ci sarà scampo per questa gente. I giovani di oggi non possono essere annichiliti da genitori irresponsabili come quelli che per troppo tempo hanno dichiarato che studiare non serviva a nulla. Se i rappresentanti del popolo sardo vogliono dare una svolta allo sviluppo di questa terra trovino le risorse per finanziare il tempo pieno in tutte le scuole di ogni ordine e grado, garantendo tutti i servizi necessari, compresi quelli di vitto e alloggio così che la vita degli studenti sia finalizzata a farne donne e uomini più responsabili dei loro genitori.
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[1] De Masi, Domenico. "Il lavoro nel XXI secolo." Torino: Einaudi, 2018.
[2] OCSE. "Education at a Glance 2019: OECD Indicators." Parigi: OECD Publishing, 2019.
[3] Cohen, Elizabeth G., e Lotan, Rachel A. "Designing Groupwork: Strategies for the Heterogeneous Classroom." New York: Teachers College Press, 2014.
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