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L’importanza del confine nell’analisi delle questioni politico-istituzionali

Sotto titolo: ora vi spiego perché considero tossici personaggi come Mattarella e Meloni



Se non mi si conosce si potrebbe pensare che ami le fughe in avanti o che insegua miti mai esistiti come l’araba fenice. Eppure, se mi si vuole conoscere lo si dovrebbe fare a partire dagli studi che ho fatto, studi che mi hanno permesso di non credere più alle favole, soprattutto quando sono ammantate di ideologie, in non pochi casi assurte a vere e proprie religioni cui credere ciecamente.

 

Ebbene, il disegno di cui sopra dovrebbe aiutare a capire, anche le persone che hanno più difficoltà, che per analizzare argomenti complessi è necessario spogliarsi degli abiti ideologici ma, confesso, che temo possa trattarsi di battaglia persa, perché non c’è peggior cieco o sordo di coloro che non vogliono vedere o sentire.

 

Se si guarda al disegno si può notare un insieme di cerchi, distribuiti su più livelli di aggregazione. Ogni cerchio definisce un confine, elemento concettuale che da un lato distingue l’interno dall’esterno e, dall’altro, sempre grazie allo stesso confine, entra in relazione con altri elementi. Nello specifico potete osservare che dentro il cerchio “sardi” ci sono cagliaritani e nuoresi (non ne ho inserito altri per evidente mancanza di spazio e conseguente difficoltà di lettura); inoltre potete notare come “sardi”, “ladini”, “friulani”, “occitani”, “italiani” (e anche qui potrei aggiungere “albanesi”, “greci”, “croati”, “catalani”, ecc.) sono tutti allo stesso livello, perchè rappresentano delle comunità sul piano storico, culturale, linguistico, ecc., e tutti sono dentro il cerchio rappresentato dall’Italia.

Analogo discorso vale per la Spagna ma, a differenza della Gran Bretagna che è fuori, Italia e Spagna stanno dentro il cerchio dell’Unione europea, mentre tutti e tre questi contesti stanno dentro il cerchio (non disegnato) rappresentato dal mondo.

 

Cosa voglio dimostrare con questo ragionamento?

 

Semplice, che in questo disegno sono rappresentati due concetti entrambi compresenti ma spesso confusi volutamente come fanno, appunto, il presidente della Repubblica italiana e l’attuale capo di Governo del medesimo stato e, come, per la verità, anche altri che li hanno preceduti hanno sempre fatto, tossicamente, colpevolmente.

 

I due concetti sono quelli di Nazione e Stato.

 

La nazione (etimologicamente il termine deriva da “nascere”) “indica l’appartenenza comune di un gruppo di persone a un insieme di radici storiche e culturali, a tradizioni, valori, lingua, religione, usi, costumi e patrimonio condivisi” (https://www.openpolis.it/parole/i-concetti-di-stato-e-nazione/#).

 

Lo stato invece non è fatto dalle persone, è anzi esterno a esse: consiste nella struttura sotto cui una comunità di persone si organizza” (Ibidem).

 

L’inganno sta nel confondere questi due livelli di analisi, uno prettamente identitario/antropologico l’altro giuridico. Questo per dire che non sempre coincidono i confini di stato e nazione ed è invece proprio in questa falsa coincidenza che sta l’approccio tossico adottato da Mattarella e Meloni nel trattare l’argomento. Cosa supportata dall’articolo 5 della Costituzione che recita “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.”

 

Ecco il colpo da maestro degli illusionisti costituenti che si sono inventati una iperbole linguistica per giustificare il fatto che per essi lo stato italiano e la nazione italiana sono la stessa cosa, con buona pace di friulani, ladini, sardi, ecc., costretti a rinunciare alla propria identità, derubricata a sostanziale folklore o, addirittura, da ridicolizzare.

 

Attraverso la propaganda continua e sistematica con cui questi personaggi tossici usano il termine “nazione italiana” fanno passare il messaggio che l’Italia sia uno stato nazionale, invece che plurinazionale come è nella realtà, a dispetto delle operazioni talvolta violente altre subliminali con cui si è cercato di fare “pulizia etnica”.

 

Sì, non vi sembri forte l’espressione “pulizia etnica”. Ora ve lo dimostro, anche con un paragone che sicuramente vi farà torcere le budella.


Il primo esempio risale a quando tra il 1847 e 1848, Carlo Baudi di Vesme nel suo Considerazioni politiche ed economiche sulla Sardegna, consiglia al Re Carlo Alberto di “proibire severamente e in ogni atto pubblico civile, non meno che nelle questioni ecclesiastiche, l’uso dei dialetti sardi, prescrivendo l’esclusivo impiego della lingua italiana”. Non contento il Baudi di Vesme continua: “É necessario inoltre scemare l’uso del dialetto sardo ed introdurre quello della lingua italiana anche per altri non men forti motivi; ossia per incivilire alquanto quella nazione, e affinché vi siano più universalmente comprese le istruzioni e gli ordini del governo”. In altre parole, secondo costui: i Sardi erano incivili e per renderli civili occorreva non solo e non tanto insegnare loro l'italiano ma impedire l'uso del sardo.

 

E sempre a proposito della lingua in tanti ricorderanno come da bambini delle elementari tanti maestri venuti di là dal mare "bacchettavano" le mani di chi sapeva esprimersi solo in sardo. Fu così che neppure in modo subliminale si costrinse tanti giovani sardi a dimenticare la lingua natia e la cosa peggiore fu che dell'inopportunità di usare il sardo si convinsero tante mamme e tanti padri, come i miei, che mi dicevano che parlare sardo non era da persone che volevano entrare nella modernità. Mi dite a questo punto cosa c'è di diverso o di molto diverso rispetto al fatto che i russi, oggi, deportano i bambini ucraini nei territori russi per educarli a essere russi e non ucraini? Ecco, perchè parlo di pulizia etnica. E prima di me ne parlarono Cicitu Masala, Placido Cherchi e altri.


Con la fine della monarchia e l'avvento della Repubblica, i “padri” costituenti (magari, se ci fossero state più madri forse le cose sarebbero andate diversamente) non sono stati da meno del Baudi di Vesme: essi, infatti, quando decisero (quindi nulla di divino, di sacro o di immodificabile nel tempo) la forma dello stato avevano di fronte diverse opzioni: stato unitario, stato federale o stato confederale. Decisero per uno stato unitario leggermente annacquato dal “regionalismo”, un modo per dire che c’erano sì delle differenze territoriali (che sono anche storiche, culturali, linguistiche, ecc.) ma che, tutto sommato, non rilevano. E non rilevano perché hanno scelto di porre il potere sovrano in capo allo stato (che può delegarlo), non alle comunità che lo abitano.


Non è un caso che l’altro obbrobrio costituzionale sia proprio l’articolo 1 nel quale, al secondo comma, si dice che “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, il che significa che il popolo non ha alcun potere, se non quello di recarsi alle urne per eleggere i propri rappresentanti nel parlamento e nelle altre assemblee, considerate di “rango inferiore”. Se a questo aggiungete l’attuale legge elettorale che lascia alle segreterie dei partiti la scelta dei candidati emerge che il popolo non conta nulla, non ha alcuna sovranità.

 



Eppure, almeno Mattarella, in occasione del discorso di fine anno del 2019, pronunciò un discorso in cui disse “Quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi”. Mi chiedo come mai il Presidente Mattarella non ponga la questione delle implicazioni di questa frase sulla necessità di rivedere la carta costituzionale per far sì che questo principio da lui citato possa trovare applicazione.


Non mi sorprende affatto, invece, che una frase come questa la Meloni la pronuncerebbe solo facendo riferimento ai rapporti tra lo stato italiano e altri stati (considerati qui sì diversi e magari pure avversari), perché per essa, il confine dello stato italiano, confuso con quello di nazione, è totalizzante. Per questa signora, gli altri confini del mio disegno sono irrilevanti, non meritevoli di tutela. Per lei conta solo la nazione italiana che nel mio disegno è solo una di quelle che abitano lo stato italiano. A me basta questo per considerare tossica all’ennesima potenza questa signora e chiunque come lei, offenda con la sua propaganda l’intelligenza, la storia, la metodologia di analisi di fenomeni complessi.

 

 

 

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