Il concetto di biodiversità, se applicato alla politica, enfatizza l'importanza della diversità ideologica, culturale e partecipativa per la salute e la resilienza dei sistemi democratici. La polarizzazione delle idee, leggi elettorali restrittive e una diminuzione della partecipazione al voto possono compromettere questa diversità, rendendo il sistema politico meno rappresentativo e adattabile, quindi meno democratico, laddove la democrazia si esprime prima di tutto e soprattutto con la partecipazione popolare ai processi decisionali e, innanzitutto, al voto nelle consultazioni elettorali.
Sembra un concetto banale; eppure, mai come in questo periodo storico, dopo i grandi progressi realizzatisi nella seconda metà del Novecento, in tanti Stati, soprattutto europei, con il pretesto di ricercare garanzie alla governabilità, il sistema democratico sta entrando in crisi.
Uso l’espressione biodiversità perché è generalmente accolto in ambito eco-sistemico come un fatto altamente positivo e da garantire, come ho cercato di evidenziare in un precedente contributo. Altrimenti, possiamo fare ricorso ad altri concetti ben noti per esprimere l’importanza di dare cittadinanza a pensieri differenti contro l’affermazione del pensiero unico, sia esso di centro destra o centro sinistra.
La biodiversità naturale garantisce la resilienza degli ecosistemi; analogamente, in politica, la diversità di idee e di approcci alla soluzione di problemi che interessano le comunità, assicura la capacità di adattamento e innovazione. Tuttavia, la crescente polarizzazione riduce lo spazio per posizioni intermedie o alternative, impoverendo il dibattito pubblico.
In Italia, per esempio, questa tendenza a impoverire il dibattito politico e la partecipazione popolare si è sostanziata in una legge elettorale, conosciuta come Rosatellum bis, che combina elementi maggioritari e proporzionali. Tuttavia, sebbene sia stato progettato per garantire stabilità governativa, presenta evidenti limiti in termini di rappresentatività. Nello specifico il sistema maggioritario favorisce le coalizioni che riescono a vincere nei collegi uninominali, assegnando loro un numero sproporzionato di seggi rispetto ai voti ricevuti. Questo porta alla formazione di maggioranze parlamentari che non rispecchiano la volontà popolare complessiva, riducendo la rappresentatività del Parlamento, impedendo, peraltro, a gruppi pur importanti di avere una propria rappresentanza in tale consesso istituzionale.
In Sardegna la legge elettorale per l'elezione del Consiglio Regionale della Sardegna presenta criticità simili a quelle del sistema nazionale, sebbene con caratteristiche specifiche. La normativa attuale, in vigore dal 2013, è un sistema che prevede un premio di maggioranza per la coalizione che ottiene almeno il 40% dei voti. Se la soglia viene superata, la coalizione vincente ottiene il 55% dei seggi. Questo meccanismo, pur garantendo una stabilità governativa, porta a una sovrarappresentazione della coalizione vincente e a una sottorappresentazione delle minoranze, anzi ad una loro esclusione. Di fatto, una forza politica che ottiene poco più del 40% dei voti può governare con una maggioranza molto ampia, riducendo il peso delle opposizioni.
Sempre la medesima legge elettorale sarda prevede una soglia di sbarramento del 10% per le coalizioni e del 5% per i partiti non coalizzati. Questo implica che alcune forze politiche, anche con un numero significativo di voti, possano rimanere escluse dal Consiglio, come è di fatto avvenuto già per ben tre volte. Ciò riduce la rappresentanza di porzioni dell'elettorato, specie in una regione come la Sardegna, caratterizzata da un alto pluralismo politico e da partiti rilevanti per questo contesto territoriale.
I sistemi elettorali che limitano la rappresentanza, come quelli maggioritari o con alte soglie di sbarramento, possono favorire pochi grandi partiti a discapito delle forze minori, riducendo la diversità politica. Al contrario, sistemi proporzionali con basse soglie di sbarramento promuovono una maggiore biodiversità politica.
La conseguenza di queste scelte discriminatorie, porta a una diminuzione della partecipazione al voto e da progressiva disaffezione verso la politica e rappresenta, di fatto, una perdita di biodiversità politica, rendendo il sistema meno rappresentativo e adattabile.
Prospettive per una politica biodiversa
Per promuovere una maggiore biodiversità politica, si potrebbero considerare le seguenti azioni:
Riforme elettorali: Adottare sistemi proporzionali che garantiscano una rappresentanza più ampia e diversificata.
Educazione civica: Promuovere una cultura che valorizzi la diversità delle opinioni e il dialogo.
Partecipazione diretta: Implementare strumenti di democrazia diretta e partecipativa, come referendum e assemblee cittadine.
Inclusione delle minoranze: Assicurare che gruppi sociali, culturali e ideologici minoritari abbiano voce nel processo decisionale.
A proposito di riforma elettorale
Le proposte di riforma elettorale che suggerisci mirano a garantire una maggiore equità e rappresentatività nei sistemi democratici. Analizziamo ciascun punto, considerando vantaggi e possibili implicazioni.
a) Parità di Genere
È fondamentale introdurre misure che garantiscano una rappresentanza equilibrata tra uomini e donne nei parlamenti e nei consigli regionali. Questo favorirebbe l'equità di genere e il superamento delle barriere strutturali che spesso escludono le donne dalla politica. Un possibile strumento potrebbe essere rappresentato da liste elettorali con alternanza di genere
In paesi come la Svezia e la Finlandia, per esempio, hanno adottato meccanismi simili con successo, raggiungendo alti livelli di rappresentanza femminile.
b) Parità di rappresentanza territoriale
Occorre assicurare che tutte le aree territoriali, comprese quelle periferiche e marginali, siano adeguatamente rappresentate. Ciò permetterebbe di contrastare la concentrazione del potere politico ed economico nelle aree urbane più popolose, garantendo altresì che le esigenze e le priorità delle aree rurali o marginali trovino spazio nel dibattito politico. Come strumenti possibili si può fare riferimento alla ripartizione dei seggi su base territoriale con distretti elettorali che tengano conto delle peculiarità locali. In Germania, per esempio, il sistema elettorale garantisce una rappresentanza equilibrata tra distretti urbani e rurali.
c) Doppio turno alla francese
Esso consiste nell’introduzione del doppio turno per elezioni parlamentari o regionali, simile al sistema francese. Il vantaggio principale è che permette una scelta più riflessiva, riducendo il rischio di vittorie basate su maggioranze relative risicate. Inoltre, favorisce alleanze, a posteriori dopo il primo turno, tra partiti affini, evitando la frammentazione e garantendo una maggiore stabilità governativa. È vero che ciò prolunga i tempi elettorali e aumenta i costi, però obbliga i partiti più piccoli, al secondo turno, di ricercare alleanze.
Il sistema francese ha dimostrato di poter rafforzare la legittimità degli eletti, soprattutto nelle elezioni presidenziali.
d) Soglia Minima di Accesso
Ridurre le soglie di sbarramento attualmente vigenti favorirebbe la biodiversità in politica. Oggi le soglie sono eccessivamente restrittive, come dimostra la legge elettorale sarda che per ben tre volte ha impedito la rappresentanza in Consiglio regionale di forze che hanno raggiunto anche il 10% dei votanti. La critica è che una soglia troppo bassa potrebbe portare a una frammentazione parlamentare e a governi meno stabili ma, nel tempo, si è visto che l’unico risultato determinato da soglie elevate è la scarsa rappresentatività sociale della popolazione.
Una proposta equilibrata sarebbe quella di inserire una soglia intorno al 2-3% così da bilanciare inclusività e governabilità, come avviene in Paesi come la Danimarca.
Considerazioni Finali
Queste riforme mirano a migliorare la qualità della democrazia e a garantire una maggiore equità e rappresentatività. L'introduzione di tali misure potrebbe ridurre le disuguaglianze strutturali attualmente presenti nei sistemi elettorali e favorire un'ampia partecipazione politica.
C'è infine da considerare che questi cambiamenti, fondamentali se non si vuole perdere la connotazione di democraticità nei paesi dell'Europa occidentale, richiedono un ampio consenso politico mentre a tutt'oggi è fortissima la resistenza (eufemisticamente parlando) da parte delle forze politiche consolidate, che perderebbero i vantaggi derivanti dalle attuali leggi elettorali. Sta quindi ai cittadini prendere coscienza di questa situazione e costruire dal basso terze, quarte e quinte vie per riportare la gente a occuparsi della politica, visto che ora è solo quest'ultima a occuparsi di noi cittadini, spesso nel modo peggiore.
Fonti per Approfondimento
- Lijphart, A. (2012). Patterns of Democracy: Government Forms and Performance in Thirty-Six Countries.
- Renwick, A. (2010). The Politics of Electoral Reform: Changing the Rules of Democracy.
- Pilet, J.-B., & Bol, D. (2011). Party Preferences and Electoral Reform: How Time in Government Affects the Likelihood of Supporting Electoral Reform.
Riferimenti bibliografici
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- Mounk, Y. (2018). The People vs. Democracy: Why Our Freedom Is in Danger and How to Save It. Harvard University Press.
- Levitsky, S., & Ziblatt, D. (2018). How Democracies Die. Crown Publishing Group.
- Norris, P., & Inglehart, R. (2019). Cultural Backlash: Trump, Brexit, and Authoritarian Populism. Cambridge University Press.
- Rosanvallon, P. (2020). Il secolo del populismo. Castelvecchi Editore.
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