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Non tutto è perduto: equifinalità e scenari alternativi alla crisi demografica della Sardegna


Introduzione

Nel dibattito pubblico sulla Sardegna, si va consolidando una narrazione di un futuro segnato da un irreversibile declino demografico. Le proiezioni ufficiali dell'ISTAT, dell'Eurostat e di numerosi centri di programmazione contribuiscono a rafforzare questa prospettiva, annunciando per l’isola un progressivo e drammatico spopolamento. Tuttavia, tale visione deterministica trascura un principio essenziale della teoria dei sistemi: l’equifinalità.


1. La crisi demografica della Sardegna: dati e previsioni

Le previsioni ISTAT (2024) stimano una riduzione della popolazione italiana da circa 59 milioni a 54,8 milioni entro il 2050 e a 46 milioni entro il 2080. In Sardegna, la perdita stimata supera i 250.000 abitanti, accompagnata da un forte invecchiamento: oltre il 40% della popolazione avrà più di 65 anni. Il tasso di fecondità, fermo a circa 1,09 figli per donna, è tra i più bassi in Europa.


A queste stime si aggiungono i dati regionali, che evidenziano saldi naturali negativi e flussi migratori in uscita da molti comuni interni. In questo contesto, si è affermato un linguaggio che considera tale processo come “irreversibile”, contribuendo a una percezione di ineluttabilità.


2. Il principio di equifinalità: una chiave di lettura alternativa

Il principio di equifinalità, introdotto da Ludwig von Bertalanffy (1968), afferma che uno stesso stato finale può essere raggiunto attraverso percorsi differenti e da condizioni iniziali diverse. Ovvero, che data una condizione iniziale possono esistere diversi percorsi evolutivi che portano a risultati differenti.


Trasposto nel contesto sociale e territoriale, implica che un sistema apparentemente in declino possa modificare la propria traiettoria evolutiva grazie a interventi mirati e trasformativi.


Questa visione contrasta con l'approccio deterministico che considera la crisi demografica un destino inevitabile. L’equifinalità, al contrario, valorizza la capacità trasformativa dei sistemi sociali e delle scelte politiche e collettive.


3. Scenari possibili: elementi di discontinuità e ripopolamento

Alcuni segnali, ancora deboli ma significativi, mostrano che scenari alternativi sono possibili e in parte già visibili:

- Migrazioni inverse e nuovi flussi in entrata: Esperienze come quella di Ollolai e delle "case a 1 euro" hanno attirato l’attenzione internazionale. Video virali (https://youtu.be/Y-Pcf6boxxA?si=C96-7k0OnGVnaooo) hanno raggiunto un pubblico statunitense e nordeuropeo. Alcuni americani, delusi dal contesto politico e sociale del proprio Paese, hanno scelto di vendere casa e trasferirsi in Sardegna (posso testimoniare di una coppia che ha venduto nel giro di poche settimane casa propria per comprare in Sardegna e a breve seguiranno i figli).

- Nomadismo digitale e lavoro da remoto: Il lavoro a distanza consente a molti professionisti di vivere in contesti periferici, mantenendo relazioni e attività globali. La Sardegna, se dotata di servizi digitali adeguati, può attrarre questa categoria.

- Innovazione sociale e governance territoriale: Diverse comunità stanno attuando pratiche di co-creazione di valore, marketing territoriale e filiere corte. Non si tratta solo di attrarre nuovi abitanti, ma di generare identità, senso di appartenenza e resilienza.


È importante notare che, spesso, è la domanda a generare l’offerta di servizi. Se si creano le condizioni per l’arrivo di nuove famiglie, si genererà anche l’esigenza di scuole, presidi sanitari e altri servizi pubblici. Alcuni servizi potranno essere ripensati in chiave innovativa: per esempio, l’home banking ha sostituito gli sportelli fisici anche per i baby boomer.

Infine, vivere in un contesto salubre come la Sardegna, riconosciuta come blue zone, può ridurre il fabbisogno sanitario pro-capite, agendo preventivamente sul benessere e sulla salute.


4. Condizioni abilitanti: non bastano le case a 1 euro

Il principio di equifinalità non implica che ogni percorso conduca automaticamente a un esito positivo. Affinché un progetto di ripopolamento abbia successo, servono condizioni abilitanti, tra cui:

-       Assistenza sanitaria accessibile, anche attraverso soluzioni innovative come la telemedicina;

-       Connessioni internet affidabili, sia in fibra che satellitari;

-       Disponibilità di prodotti locali, generati da filiere corte, il che richiede nuovi e vecchi produttori;

-       Scuole attive, anche multigrado o consorziate, purché vitali e inclusive;

-       Servizi bancari digitali, ma con punti di contatto umani;

-       Spazi di comunità, per accogliere, mediare e far dialogare culture diverse.


Senza questi elementi, il rischio è che il ripopolamento resti un’operazione effimera. Se invece si investe sistemicamente su di essi, allora si possono costruire traiettorie reali di rigenerazione.


Il ripopolamento richiede anche un investimento sulla coesione tra vecchi e nuovi abitanti. I nuovi arrivati portano con sé bisogni, ma anche capitale umano, sociale ed economico. Il territorio deve essere in grado di accoglierli, attivando dinamiche di contaminazione reciproca e costruzione condivisa dell’identità locale.


Per evitare l’alibi del 'vai avanti tu', è utile guardare ad alcune esperienze concrete:

-       Ollolai, già noto per l'iniziativa delle case a 1 euro;

-       Ulassai, che ha valorizzato l’arte pubblica e il ruolo delle cooperative;

-       Navelli (AQ), che promuove l’ospitalità diffusa e la filiera dello zafferano;

-       Latronico (PZ), che ha attratto smart workers con progetti dedicati.


5. Verso un nuovo approccio alla programmazione demografica e territoriale

Accettare il principio di equifinalità significa rifiutare la logica della rassegnazione e abbracciare una visione progettuale e trasformativa del futuro che ha come condizione imprescindibile per essere colta, quella di formarsi, di studiare, di cogliere le opportunità. I modelli previsionali non devono essere letti come condanne, ma come scenari condizionati dalle politiche pubbliche, dalle innovazioni sociali e dalle scelte collettive.


Occorre quindi ripensare la pianificazione territoriale investendo su:

-       Qualità della vita

-       Formazione a tutti i livelli per tutti, cittadini, operatori, impiegati pubblici, amministratori

-       Innovazione nei servizi locali

-       Promozione delle specificità culturali e ambientali

-       Attrazione di nuovi abitanti


La formazione è quindi la vera leva strategica. Le tecnologie ci sono, i collegamenti veloci ci sono e non necessariamente richiedono la fibra (chi lavora nel mondo paga 40 euro al mese per connettersi via satellite attraverso Starlink per esempio), le risorse finanziarie ci sono al punto che paghiamo la nostra incapacità di utilizzare quelle disponibili (sia per mancanza di progettazione che per farraginosità di certe procedure), il contesto lo abbiamo ereditato e per fortuna non siamo riusciti, nonostante tutto, a distruggerlo in modo irreversibile. La vera difficoltà è rappresentata dalle abitudini consolidate, dall’idea dominante che il cambiamento lo devono fare gli altri e non ciascuno di noi, ecc.. Serve una nuova responsabilità e una nuova consapevolezza.


Conclusione

Il futuro demografico della Sardegna non è ancora scritto. Le proiezioni statistiche devono fungere da stimolo all’azione piuttosto che da sentenze irrevocabili. Il principio di equifinalità suggerisce che anche un sistema in declino può generare esiti positivi se opportunamente stimolato da innovazioni, visioni e politiche adeguate. Sta a noi decidere cosa vogliamo fare da grandi: continuare a lamentarci verso uno Stato che certamente non è stato dalla parte dei Sardi o prendere in mano il nostro destino studiando, formandoci, progettando, connettendoci col mondo, aprendoci al mondo e al diverso.


Non dimentichiamo che in ambito biologico quando la generazione avviene tra consanguinei il rischio di nati deformi cresce a dismisura. Quando invece ci si contamina con altri geni allora ci si irrobustisce. Ecco, benvenuti siano tutti quelli che ambiscono a diventare Sardi per scelta.


Nessuno può farcela da solo: né il Comune, né il turista, né il nomade digitale, né l’agricoltore resistente. Ma se ciascuno riconosce di avere un pezzo di responsabilità, allora il cambiamento può davvero cominciare. Non è questione di “armiamoci e partite”, ma di “formiamoci e partiamo insieme”.


Bibliografia essenziale

- ISTAT (2024). Indicatori Demografici. www.istat.it

- Regione Autonoma della Sardegna (2020). Quadro conoscitivo demografico e socio-economico. www.sardegnaprogrammazione.it

- Bertalanffy, L. von (1968). General System Theory. New York: George Braziller.

- Luhmann, N. (1992). Sistemi sociali. Bologna: Il Mulino.

- Eurostat (2023). Population projections. ec.europa.eu/eurostat

- Valdani, E., & Ancarani, F. (2000). Strategie di marketing territoriale. Milano: Egea.

 

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