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Non tutto è perduto. Gavoi e la Sardegna che ascolta, impara e costruisce

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Ci sono giornate che non somigliano a un convegno, ma a un’esperienza collettiva. La giornata di Gavoi dedicata ai Nomadi Digitali in Barbagia è stata esattamente questo: un momento in cui idee, persone, istituzioni e comunità si sono riconosciute in un racconto condiviso. Un racconto che non si è limitato a descrivere il fenomeno del lavoro da remoto, ma ha aperto una riflessione più ampia sulla capacità dei territori sardi di rigenerarsi, di apprendere e di trasformare la consapevolezza in azione.


Un convegno “non convenzionale”

Organizzato dal Comune di Gavoi, dal GAL Barbagia-Mandrolisai-Gennargentu e dall’Associazione Malik, con il finanziamento della Fondazione di Sardegna, l’incontro è stato pensato con un ordine preciso, tutt’altro che casuale. Al mattino, lo spazio è stato dedicato alla conoscenza, all’analisi, alla presentazione del White Paper “Nomadi Digitali in Barbagia: opportunità strategica per le aree interne”; al pomeriggio, la riflessione è proseguita in forma di tavola rotonda, con la presenza dei rappresentanti delle istituzioni regionali e di alcuni sindaci del territorio. Due momenti complementari di uno stesso processo di apprendimento collettivo: prima l’ascolto, poi il confronto; prima la comprensione, poi l’impegno.


Sin dall’inizio si è percepito che sarebbe stata una giornata diversa: più generi, più generazioni, un intreccio di analogico e digitale, di saperi locali e visioni globali. Il filo conduttore, mai esplicitato ma sempre presente, era quello della generatività, intesa come capacità di creare valore senza distruggerne altro: un tema che in Sardegna assume oggi una valenza politica e culturale decisiva.


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Mattina – Il quadro e la visione

Il lavoro si è aperto con l’introduzione del Sindaco Salvatore Lai e con la relazione della direttrice del GAL Claudia Sedda che ha illustrato efficacemente i poco confortanti dati socio-demografici del territorio in questione, seguita poi dalla presentazione da parte dell'iniziatore del progetto Lucio Pascarelli del White Paper, documento di base per la discussione, elaborato con l’obiettivo di delineare scenari concreti sul potenziale del nomadismo digitale nelle aree interne della Sardegna.


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I dati presentati hanno parlato chiaro: il fenomeno del lavoro da remoto è in forte crescita nel mondo e può rappresentare una leva strategica per contrastare spopolamento, invecchiamento e stagnazione economica. Non turismo, dunque, ma abitare temporaneo consapevole; non ospitalità episodica, ma costruzione di relazioni di medio periodo tra persone e territori, come ha poi ribadito Alberto Mattei, presidente nazionale dell’Associazione Italiana dei Nomadi Digitali.


La relazione di Pascarelli ha posto le basi per un ragionamento che è andato oltre la dimensione economica, toccando quella culturale e identitaria. La Barbagia, con i suoi paesi, le sue case vuote e la sua autenticità, non è solo un luogo da visitare: è un laboratorio di rinascita, un contesto dove sperimentare nuove forme di vita, di lavoro e di comunità.

A dare sostanza a questa visione sono stati i protagonisti delle esperienze più significative della nuova Sardegna che innova dal basso.


Le esperienze – Il valore delle persone che studiano e che fanno


Luca Columbu, giovane nomade digitale di Ollolai, ha raccontato la sua esperienza di vita tra la Barbagia e gli Stati Uniti e la nascita di Work from Ollolai, un progetto che ha portato nel suo paese centinaia di professionisti da tutto il mondo. Un modello di ospitalità attiva, dove chi arriva restituisce alla comunità parte del proprio sapere, generando contaminazione culturale e nuova fiducia.


Carlo Coni, fondatore di Treballu Hub e referente del Comune di Laconi nel progetto europeo Startup Village, ha mostrato come anche un paese dell’interno possa diventare un polo di innovazione sociale, unendo coworking, formazione e opportunità imprenditoriali. La sua esperienza dimostra che la Sardegna può trattenere i giovani non solo con incentivi, ma offrendo loro un orizzonte di senso.


Fabrizio Contini, con la sua associazione Absentia e il progetto dei Pescatori Digitali di Stintino, ha raccontato come l’assenza – quella dei mesi invernali e dei luoghi che si svuotano – possa diventare presenza creativa, rigenerando il tessuto sociale attraverso pratiche di coliving e partecipazione.


Ilenia Cocco, tornata nella sua Sant’Antioco dopo una lunga esperienza nel Regno Unito, ha portato la voce di Adomu – Digital Nomads Sardinia, una piattaforma che fonde cultura, lavoro e comunità. La sua storia è quella di chi rientra non per nostalgia, ma per contribuire a un nuovo racconto dell’isola, più maturo e internazionale.


Giacomo Cossu, co-fondatore di Cocò Sardinia ad Aggius, ha intrecciato artigianato, natura e comunità, ricordando che la manualità è ancora una forma di pensiero e che la rigenerazione parte dalle mani oltre che dalle idee.


Edoardo Pisanu, co-fondatore di Propertize, ha posto l’attenzione sulla gestione intelligente del patrimonio immobiliare come leva per la rigenerazione: le case vuote dei paesi possono diventare luoghi di nuova vita se inserite in un progetto condiviso e sostenibile.


Infine, Federico Esu, fondatore di NODI dopo anni di esperienza tra Commissione Europea, EIC ed EIT Climate-KIC, ha portato la sua visione sull’“infrastruttura umana”: quella rete di relazioni, fiducia e collaborazione che rende i territori davvero capaci di attrarre e trattenere valore.


Tutti diversi, ma uniti da un filo conduttore comune: persone preparate, che hanno studiato, viaggiato, e che sanno essere al tempo stesso sardi, europei e cittadini del mondo. È questo capitale umano, diffuso e spesso invisibile, il vero patrimonio su cui la Sardegna può ricostruire la propria vitalità.


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Pomeriggio – La politica che ascolta

Se la mattina è stata il tempo dell’analisi e delle esperienze, il pomeriggio ha rappresentato quello dell’ascolto e del confronto politico. La tavola rotonda ha visto la partecipazione di Camilla SoruMaria Elena MotzoNicola Pirina e alcuni sindaci del territorio, che hanno seguito con attenzione tutti i lavori, dall’inizio alla fine e che hanno poi dato il loro contributo in termini di condivisione dei contenuti della mattina e disponibilità per supportare il progetto nelle fasi che seguiranno a questo evento


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Questa continuità di presenza non è un dettaglio: è il segnale di una politica che ascolta, fuori da approcci ideologici, che sceglie di apprendere prima di parlare, che riconosce il valore della conoscenza come base per l’azione. Perché l’ascolto, quando è autentico e corale, è già la prima forma di apprendimento.


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Questo clima ha pervaso tutta la giornata, lo si è percepito nell’aria: contrariamente a tante altre esperienze convegnistiche non c’era il consueto via vai di chi entra ed esce, di chi risponde al telefono o finge attenzione. C’era concentrazione, curiosità, rispetto, da parte di tutti, anche di chi non è intervenuto. E in quella dimensione collettiva di ascolto si è generata la parte più preziosa della giornata: la consapevolezza condivisa che le comunità e le istituzioni possono imparare insieme.


Dall’apprendimento alla trasformazione

Ogni apprendimento, però, ha senso solo se diventa azione. È questa la seconda fase che ora si apre, come ha ricordato Lucio Pascarelli nella sua relazione: la fase della realizzazione. Un apprendimento che si traduce in trasformazione concreta, capace di attivare processi, creare progetti, cambiare comportamenti.


Le proposte emerse sono chiare e operative:

  • la creazione di un Osservatorio permanente sul nomadismo digitale e sul lavoro da remoto in Sardegna, perchè senza dati non si può decidere consapevolmente;

  • la costituzione di una Cabina di regia regionale che coordini i progetti e le risorse per rendere la Sardegna un territorio accogliente e competitivo nel mercato globale del lavoro remoto;

  • la realizzazione di un Protocollo d’Intesa interistituzionale tra i Comuni dell’area GAL Barbagia-Mandrolisai-Gennargentu, la Regione Sardegna, l’Università di Cagliari e di Sassari, e altri partner strategici (Fondazione di Sardegna, Camere di Commercio, ITS e soggetti privati).

  • e parallelamente, un investimento strutturale sulla formazione e sulle competenze, per consentire ai giovani di realizzarsi nei propri luoghi di vita, senza doverli abbandonare.


A quest'ultimo proposito, nella mia introduzione alla tavola rotonda, ho ricordato che la “criticità delle criticità” della Sardegna affonda le radici proprio nel capitale educativo. Le testimonianze della mattina sono ancora eccezioni, purtroppo. Non dimentichiamo che nel 2023 solo il 55% dei sardi tra i 25 e i 64 anni possedeva almeno un diploma di scuola secondaria superiore, a fronte del 65,5% della media italiana e di un valore vicino all’80% nell’Unione europea: un dato che colloca la nostra Nazione sarda tra le ultime del ranking europeo (ISTAT, BesT Sardegna 2024; ISTAT, Istruzione e formazione 2024). Ancora più preoccupante è il segmento terziario: tra i 25-39enni i laureati in Sardegna sono circa il 25-27% (a seconda della classe di età considerata), contro oltre il 30% della media nazionale, con un forte squilibrio interno che vede l’area di Cagliari nettamente avanti rispetto al resto dell’isola.


A questo si somma un fenomeno di abbandono precoce che, pur inserito in un trend italiano di miglioramento, continua a presentare in Sardegna segnali allarmanti: nel 2023, ad esempio, quasi un quarto dei giovani maschi tra i 18 e i 24 anni risultava fuori dai percorsi di istruzione e formazione con al più la licenza media, uno dei valori più elevati del Paese (ISTAT, Istruzione e formazione 2024). È su questo terreno – fragile, diseguale e ancora troppo povero di competenze – che qualunque strategia sul lavoro da remoto, sul nomadismo digitale o sull’attrazione di talenti è chiamata a misurarsi.


Ciò che in sintesi è emerso dal convegno di ieri è l'emersione per una volta in modo chiaro e deciso della rilevanza dell'approccio sistemico, in virtù del quale si è preso atto che la crescita economica e la rigenerazione sociale procedono insieme, secondo la logica della creazione di valore condiviso: per chi arriva e per chi resta. Così come questo richiede sia un impegno a livello individuale che a livello di aggregati sociali e istituzionali: famiglie, associazioni, comuni, unioni di comuni, GAL, province, Regione, Stato e Unione europea.


Un clima raro di fiducia

Ciò che resterà di questa giornata non sono solo le parole o i documenti, ma il clima. La sensazione, quasi tangibile, di una Sardegna che per un giorno ha sospeso il lamento per riscoprire il respiro della fiducia. Per una volta, Santu Murrungiu e Nostra Signora del Lamento non hanno avuto devoti: si è pregato, se così si può dire, non per essere salvati, ma per imparare a salvarsi con l'impegno e la generosità personale unitamente alla consapevolezza di solidarizzare sentendosi parte di una comunità.


Il messaggio finale

Da Gavoi arriva un segnale chiaro: non tutto è perduto. Finché esistono luoghi capaci di ascoltare e persone capaci di unire competenza e visione, la Sardegna ha una possibilità. Il futuro non si prega: si progetta, si costruisce, si mette in comune. E a Gavoi, in questa giornata di novembre, la Sardegna ha dimostrato che sa ancora farlo. Con passione, con intelligenza e — finalmente — con la consapevolezza che l’ascolto è l’inizio di ogni rinascita.

 
 
 

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