Viene chiamata emergenza educativa: nel concreto, significa l’implosione valoriale e umana di un’intera società: famiglie distrutte, depressione, atti di violenza tanto brutali quanto –apparentemente – inspiegabili e gratuiti, solitudine, depressione, suicidi, ripudio per la vita fin dalla più giovane età.
Ma qual è la natura di questo vero e proprio buco nero nel quale sta sprofondando inesorabilmente una società intera: uomini e donne, ragazzi e adulti e persino bambini e anziani?
Qual è la radice del cinismo, dell’indifferenza, dell’alienazione che oggi consuma anime, corpi, coscienze, gruppi, singoli e intere generazioni? E qual è – se c’è – una possibile soluzione?
“Per sconfiggere la paura e la rassegnazione bisogna educare alla bellezza.”
Educare alla bellezza significa valorizzare la diversità e la ricerca del bello, anche quando non è facile.
Ciascuno cerchi la propria bellezza.
La bellezza è diversità, al contrario dell’omologazione: siamo tutti belli nella nostra unicità e i gusti di ciascuno sono legittimi, anche e soprattutto se diversi dai nostri.
Educare al bello è “montessoriano”.
Maria Montessori scriveva: “È la bellezza in tutte le sue forme che aiuta l’uomo interiore a crescere”. Nei suoi scritti evidenzia l’importanza di vivere in un ambiente bello, pulito e ordinato, a partire dalla casa. Ogni insegnamento montessoriano valorizza la cura e l’attenzione che si mette nell’ambiente di vita, per renderlo bello e a educare il nostro senso estetico. Al centro c’è il bambino, sempre, che nei suoi spazi deve sentirsi libero e ascoltato. In un ambiente a sua misura, il bambino si sente sicuro di fare e di essere, si sente bello e percepisce la fiducia che i grandi gli stanno dimostrando.
Anche nel modello educativo proposto da Rudolf Steiner, fondatore di un altro famoso metodo pedagogico, le esperienze visive, sonore, olfattive, tattili, di movimento e di linguaggio vanno oltre il puro concetto di bellezza, perché sono esperienze che permettono ai bambini di sviluppare le proprie facoltà sensoriali.
Insieme alla manualità, la vista del bello accompagna un sano processo di crescita. L’atteggiamento artistico è qualcosa di più di un calendario di laboratori di pittura, di musica e di recitazione. Serve per prevenire il precoce indurimento, la cessazione della creatività. La bellezza stimola e rafforza la fantasia e la nascente forza di giudizio.
La bellezza per l’ascolto.
Mi rifiuto di vivere in una società della bruttezza.
Se, come scriveva Dostoevskij, “la bellezza salverà il mondo”, è evidente che oggi questa società è perduta.
La Bellezza come armonia, la Bellezza come meraviglia e capacità di stupirsi, la Bellezza come nobiltà d’animo, la Bellezza come arte.
Non bisogna dimenticare poi che la bellezza si accompagna necessariamente alla forza, e che un’Immagine ed un Modello, per essere belli e convincenti, devono anche esseri “forti”.
Soprattutto i giovani, in effetti, sono disperatamente alla ricerca di “modelli forti” con i quali identificarsi: una “bellezza morale” astratta, una “bellezza evanescente” ed impotente non attrarrà mai nessuno.
Bisogna avere il coraggio di predicare una Bellezza che, se è necessario, sa anche utilizzare una legittima Forza pur di difendere se stessa: una Bellezza guerriera, quella Bellezza che si incarna nell’archetipo eterno della cavalleria, che è anche l’unico modello che può, ancora oggi, proporsi come antidoto credibile alla dissoluzione.
E non bisogna dimenticare anche la bellezza del nostro corpo, non nel senso squallidamente commerciale enfatizzato dalla moda, ma nel suo rapporto con la Forza, l’Armonia e la Disciplina (e su questo, discipline come le Arti Marziali, l’Alpinismo, un certo tipo di Escursionismo, hanno moltissimo da insegnare); risvegliandoci dal torpore indotto da un abuso della tecnologia e da quel vile rapporto con la fatica e col dolore che ci contraddistingue come moderni.
La violenza – quella più brutale, assurda e ingiustificata – non nasce, come qualcuno vorrebbe credere, dall’esercizio armonioso della Forza, ma dalla viltà indotta dalla debolezza e dal vittimismo.
Uccidere la moglie perché ci ha lasciati, sterminare la propria famiglia per “risolvere” un qualche problema, esercitare violenza su una donna sola o su un anziano – eventi ai quali la cronaca ci ha ormai abituato – non sono gesti che nascono dalla Forza ma dalla debolezza più vile.
Occorre educare al fatto che la bellezza non è uno stato, ma un’esperienza. È bellezza ciò che il corpo comunica, esprime, realizza. Il corpo veicola personalità, emozione, memoria ed è quindi bellezza l’esperienza che realizzo nell’incontro con l’altro.
L’esperienza della bellezza ci apre all’altro e ci dice qualcosa su noi stessi, come l’amore.
In fin dei conti l’amore non è altro che saper cogliere la bellezza nell’altro e volerne far parte, volerla accrescere, volerla preservare e volerla condividere.
Si potrebbe affermare che Amore e Bellezza sono sinonimi, due volti di una stessa realtà.
L’amore è l’intimo dialogo con ciò che riteniamo bello, è l’interiorizzazione della bellezza.
Quindi educare alla bellezza significa anche educare all’amore. È un cammino dall’esterno verso l’interno, che non può che tradursi in un cammino in direzione opposta.
Educare alla bellezza significa farci il regalo più grande: quello di imparare ad amare sconfiggendo così la paura e la rassegnazione.
“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.
Bellezza è stupore Come quello che potete ammirare sul volto di un bambino quando vede una farfalla (o un giocattolo nuovo). Impariamo da quell’espressione, impariamo a fare nostre la meraviglia e lo stupore, applicandole nella vita quotidiana. E ai bambini, insegniamo che in quest’espressione è racchiusa la felicità di chi ammira la bellezza.
Bellezza è scoperta
Bellezza è unicità E’ bello scoprire che siamo speciali, che ciascuno di noi è unico. E allora, perché non proviamo insieme a fare il gioco dell’unicità: cerchiamo insieme qualcosa che ci rende diversi da tutti gli altri membri della famiglia o della classe. Un modo particolare per imparare ad apprezzare l’unicità e la diversità, osservandole come le due facce di una stessa medaglia.
Bellezza è diversità Alleniamoci a vedere la bellezza in qualcosa di diverso dal solito. Per imparare a vedere la bellezza della diversità possiamo fare in modo simile al gioco dell’unicità, ma con una differenza: invece che cercare cosa ci rende diversi dagli altri, cerchiamo una caratteristica che rende gli altri diversi da noi. Facciamo il gioco della diversità dopo quello dell’unicità: impareremo che anche gli altri sono speciali.
Bellezza è rispetto Rispetto per la vita, rispetto per gli altri, rispetto per il mondo che ci circonda. Insegniamo ai bambini (e impariamo noi per primi) che rispettare è bello.
Bellezza è gratitudine Quanto è bello dire grazie? O fare un piccolo dono? Secondo noi, bellissimo. Se tutti ringraziassimo il mondo sarebbe un posto migliore. Proviamoci: ringraziamo quando qualcuno fa qualcosa per noi e pensiamo a quanto è importante questo gesto.
Bellezza è libertà Libertà di fare qualcosa di inaspettato, fuori dagli schemi. Magari, di farlo insieme ai bambini: un’eccezione alle regole. Senza dimenticarci del rispetto e della gratitudine per la libertà che ci stiamo prendendo.
È ancora possibile parlare di educazione alla Bellezza?
Crediamo nella possibilità che la Bellezza possa salvare il mondo, perché l’uomo ha bisogno di contemplare ciò che è bello, per essere elevato alla Verità e alla Bontà.
L’educazione alla Bellezza diventa, quindi, essenziale per la persona umana, perché essa stessa possa riconoscersi come “cosa bella” e, di conseguenza, come partecipe di bontà e di verità.
Chi è educato alla Bellezza, è capace di sviluppare capacità relazionali degne del suo essere personale, perché riconosce che l’oggetto possiede una bellezza intrinseca, che deriva dalla sua partecipazione alla Bellezza dell’Essere, e non dal gusto personale di chi guarda.
Per questo, il gusto è facoltà da educare, al pari delle altre facoltà umane, perché l’uomo, unico essere al mondo che necessita di educazione e aspira alla Bellezza, possa essere ricondotto al grande albero dell’Essere, da cui, spesso inconsapevolmente, trae la sua linfa e il suo sostentamento.
Dedico questo riflessione al mio Maestro il Professor Jean-Pierre Changeux che durante il periodo lavorativo di ricerca scientifica trascorso a Parigi mi ha insegnato non solo l’arte delle Neuroscienze in laboratorio ma integrato la conoscenza attraverso il brainstorming con tante opere del Louvre e dei Musei parigini (2002-2005).
«Questo libro rappresenta per me la sintesi di molti decenni di riflessione sul bello. E aggiunge al dibattito una nuova dimensione: quella della conoscenza scientifica tanto della contemplazione dell'opera d'arte, quanto della sua creazione. Con le neuroscienze infatti si apre un nuovo campo di ricerca sull'opera d'arte, per cui si può parlare ormai di una vera e propria "neuroscienza dell'arte". Comprendere come il nostro cervello intervenga nella relazione tra l'essere umano e l'opera d'arte è divenuto possibile e promettente. Ed è il percorso che io vi propongo in questo mio nuovo libro». (J. P. Changeux)
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