top of page
Immagine del redattoregiuseppe melis

Si può consumare senza produrre?

Ovvero si può pensare di vivere da cicale dimenticandosi che abbiamo bisogno delle formiche?




Una delle conseguenze peggiori della colonizzazione selvaggia non è tanto quella di depredare e sfruttare i territori colonizzati, quanto quella di indurre le popolazioni indigene a pensare di poter consumare senza produrre. Certo, in astratto, questa possibilità non è esclusa perché per consumare senza produrre è necessario ricorrere a risorse esterne o beneficiare del trasferimento di ricchezza dall'esterno.

 

Per esempio, si può consumare senza produrre incentivando le importazioni che, in ogni caso, vanno pagate. Con quali risorse? Per finanziare queste importazioni, la società dovrà avere accesso a capitali, risorse naturali da vendere o servizi che altre società desiderano (ad esempio, turismo o servizi finanziari). La Sardegna si può permettere questo? Abbiamo così tante risorse da scambiare per avere ciò che ci serve per vivere?

 

Oppure, si può consumare senza produrre grazie all’utilizzazione di risparmi o ricchezza accumulate nel tempo. Ad esempio, Paesi ricchi di risorse naturali, come petrolio o gas, possono aver accumulato fondi sovrani che consentono loro di finanziare i consumi senza necessariamente produrre nuovi beni. La Sardegna non appartiene di certo a questa categoria di contesti.

 

Ancora, si può consumare senza produrre incentivando gli investimenti stranieri. Gli investimenti stranieri diretti (FDI) o prestiti internazionali possono sostenere il consumo, anche se la produzione interna è limitata. A quale costo? La storia insegna che dalla dominazione sabauda ai giorni nostri, passando per l’infausta grande impresa motrice derivante dall’industrializzazione derivante dal piano di rinascita economica e sociale e le successive servitù militari, questi “investimenti” hanno solo lasciato rovine, distruzione del patrimonio naturale, ambientale e paesaggistico e un inquinamento senza precedenti

 

Il turismo, considerato dai più “il volano” dello sviluppo inizia a mostrare tutti i limiti di una mancata programmazione figlia di una inesistente visione di società moderna e rispettosa della storia e delle tradizioni. Ad esempio, alcune isole o città che dipendono fortemente dal turismo possono consumare beni e servizi grazie ai fondi che provengono da visitatori esterni, senza produrre molto localmente. Sappiamo bene, però, che il contributo al PIL di questa voce di ricavo è alquanto modesta e, nel contempo, sappiamo bene che solo il mare non basta e che se si vogliono avere ricadute maggiori occorre che alle spalle del turismo ci sia capacità produttiva di beni locali (per esempio quelli dell’enogastronomia).

 

Si può ancora consumare sena produrre grazie alle rimesse degli emigrati. In alcuni Paesi, una parte significativa del consumo è sostenuta dalle rimesse inviate dai cittadini che lavorano all'estero. Questo denaro inviato dalle famiglie permette di sostenere il consumo, anche se la produzione interna è limitata. Inutile evidenziare che i circa 700 mila sardi che risiedono all’estero ormai sono radicati lì e anche in questo caso le istituzioni hanno fatto poco e male per costruire un legame profittevole con questi connazionali sardi sparsi nel mondo.

 

Ci sono poi gli aiuti internazionali che permettono di sopperire a carenze interne. Questi aiuti arrivano sotto forma di fondi o beni da Paesi più ricchi o organizzazioni internazionali e possono essere utilizzati per consumare beni e servizi, anche in assenza di una produzione locale significativa. Inutile dire che la Sardegna, in quanto regione dello stato italiano, può godere solo delle risorse stanziate dall’Unione europea nell’ambito dei programmi di coesione socio-economica, di incentivazione della formazione professionale, ecc., ma anche qui si riscontra una sostanziale incapacità di beneficiare di queste risorse in assenza di istituzioni capaci di visione e progettazione di lungo termine.

 

Infine, un modo per consumare senza produrre è quello di fare debito pubblico. Questo però lo fanno gli stati e la Sardegna tale non è. Peraltro, lo stato italiano è più che indebitato grazie a ruberie, clientele e assistenzialismo di stato a beneficio di grandi gruppi industriali (Alitalia, Fiat, ecc.).

 

In tutti questi casi, il consumo è possibile solo temporaneamente senza una produzione equivalente. Nel lungo periodo, una società che consuma senza produrre potrebbe diventare insostenibile, a meno che non ci sia una fonte costante di ricchezza o capitali esterni.

 

Ecco, la Sardegna tutta, non solo le istituzioni, se non capisce che DEVE produrre, ripartendo dal settore primario (agricoltura e allevamento) secondo logiche moderne, non certo quelle romantiche e arcaiche che alla meglio ti fanno vivere in condizioni di sussistenza, e, di conseguenza, investendo nella trasformazione di queste, con l’ausilio fondamentale di istruzione, formazione e nuove tecnologie, è destinata al più assoluto declino. Ovviamente l’isola rimarrà ma sarà molto altro rispetto a come l’abbiamo conosciuta: sarà Sardegna (forse) solo di nome ma sardi non ce ne saranno o, meglio, non saranno sardi come popolo, come nazione, ma solo persone che abitano un certo territorio dove magari si produrrà solo energia e armi.

34 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


Post: Blog2_Post
bottom of page